lunedì 3 novembre 2014

Una storia dedicata alla mia sorellina

anticipo: il titolo iniziale di questo post era "una storia dopo un mese di astinenza" ma suonava un po' ambigua anche per dove era finito quindi l'ho cambiato. Scusatee!!



È tanto tempo che non scrivo perchè  nonostante l'idea di un blog tutto per me mi piaccia molto, non ho idee su cosa scrivere... Tutti dicono che dovrebbe essere facile ( e lo pensavo anch'io ) perchè a scuola i temi mi venivano taaanto bene e mi piace scrivere. Però a scuola la traccia te la danno loro e tu devi solo scrivere qualcosa a proposito. Qui invece è tutto diverso, fra trovare il tempo nella giornata e l'argomento, bè poi finisce che non scrivi niente. Ma scrivendo tutto ciò ho pensato alle fiabe indirizzate alla mia sorellina piccola e ho deciso di pubblicarne una su questo blog senza post...

L'anatra d'oro

C'era una volta una bambina di nome Vetti che abitava sul monte più alto di Paeseincatato, nella cittadina di Magiaovunque. I suoi genitori erano i guardiani del monte, incaricati dal Presidente Acco in persona. Se questo in Italia vorrebbe dire onori e soldi a palate, i genitori di Vetti non erano ricchi. Possedevano solo due vecchie capre per il latte, una scrofa in pensione e un'anatra per le uova.  Vetti non andava a scuola, perchè sul Montenuovo non ce n'erano e quindi la sua migliore amica era l'anatra. Al mattino portava al pascolo le capre e dava da mangiare al maiale. Poi, dopo la zuppa d'erbe e il formaggio di capra che erano il suo pranzo, passava il pomeriggio con la sua anatra. Le spazzolava le penne, le lucidava il becco, le metteva nastri colorati e fiocchi al collo, passeggiavano insieme e poi le parlava. " Sai Totta, - già, alla fine le aveva pure dato un nome - penso che tu sia la persona a cui voglio più bene... Ma' e Pa' sono sempre in giro per il monte a contare stambecchi e scoiattoli, qui le scuole non ci sono, non conosco bambine della mia età e non so leggere. Ho solo otto anni e quindi non posso accompagnare mamma e papà nei loro giri, ma dopotutto se me ne andassi chi si occuperebbe di te? Oh, Totta che strazio avere dei genitori importanti! Per fortuna che ci sei tu!" Le ripeteva tutti i giorni le stesse cose ma l'anatra la capiva: figlia unica, in picco su una montagna, se non era ancora scappata era per il bene che le univa. L'anno dopo Totta capì che era alla fine della sua vita da volatile, così disse a  Vetti :" Vetti cara, grazie per tutto quello che hai fatto per me, meriti una ricompensa. Puoi esprimere tre desideri con questo anello fatato e se quando morirò
dirai tre volte 'Allèi in coro, l'uovo d'oro' avrai una sorpresa. Addio, questa e la mia ora!' E detto ciò
 spirò. La bimba pianse e pianse, fino a sera. Poi stanca morta bevve un po' di latte e andò a dormire.
Il mattino dopo si occupo delle capre e della scrofa , spazzò il pavimento di casa e preparò una zuppa di bacche e formaggio. Dopo aver fatto tutto mangiò e si chiese cosa fare. Di colpo  si ricordò delle parole dell'anatra e si infilò l'anello raccogliendolo da terra. " Allèi in coro l'uovo d'oro!Allèi in coro l'uovo d'oro!Allèi in coro l'uovo d'oro!" pronunciò la bimba, ed ecco che la pancia dell'anatra si aprì e ne uscì un'anatraccolina tutta d'oro che la esortò:" Su, svelta, fai l'arrosto! Metti su l'anatra e cuocila che ho fame!" La piccola restò senza parole.. "Ma come ? La mia amica Totta? E poi che sei? Cannibale ?" " Uff! Quante domande! Fai quel che dico e potrai viaggiare per il mondo." rispose l'anatra. A questa prospettiva Vetti inizio a cucinare e per accompagnare l'arrosto fece una zuppa e una cheesecake. A cena praticamente solo la pennuta mangiò, e quanto mangiò! Tre scodelle di zuppa, metá del l'arrosto e quattro fette di torta. L'altra mangiò di malavoglia un po' di zuppa e assaggiò la cheesecake, senza sfiorare l'arrosto. " Bene Vetti, sappi che io sono magica e che sarò io a esaudire i tuoi desideri. Mi puoi chiamare Prissy, perché é così che mi chiamava Totta, la mia mamma...  Stai giá dormendo? Meglio così , domani si parte. Inizia l'avventura!" Ed è per questo che un mese dopo un contadino diede un passaggio a una bimba di suppergiù dieci anni, diretta alla
capitale, Zmestadia . Arrivata alla capitale Vetti tirò fuori l'anatra dallo zaino e le chiese che doveva fare. Allora Prissy, con gli occhi bassi disse:" Ecco, devi risolvere  tre indovinelli e liberare il popolo delle anatre; poi riceverai una ricompensa e il mio compito sarà finito. Mi spiace di averti delusa. Comunque rimangono i tre desideri." La bambina allora, imperturbabile, dice : " Non ti preoccupare...  Lo capisco. Tu sei una che tiene al suo popolo e che non si fa troppi scrupoli, però potevi dirmelo con un po' più di calma!" In silenzio le due iniziarono a camminare e a rompere il silenzio era Prissy che ogni tanto diceva "di quaa qua!" Per non dare troppo nell' occhio, e anche perchè era un po' offesa, Vetti aveva suggerito di parlare il meno possibile.
Dopo due ore di cammino si addrentarono in un bosco e ne percorsero i tre quarti, poi l'anatra si fermò e con tono solenne pronunciò:" Quaaa qua quaz. Stornzx onk quaqua, oooonkx!" E comparì un gigantesco castello, decorato da piume. All'entrata però vigilavano due volpi dall'aria minacciosa. Prissy pronunciò le prime vere parole da Zmestadia. " Qui io non posso entrare, e se per caso riuscissi non ne uscirei viva. Questo è poco ma sicuro... Buona fortuna cara!" A Vetti vennero le lacrime agli occhi a quel 'cara' che le ricordava le prime e ultime parole di Totta, ma si voltò brusca e iniziò a camminare verso il Palazoo delle oche. Superare i controlli fu la parte più semplice della faccenda. Bastò un ' voi non sapete chi sono io' che si trovava scortata nel palazzo, diretta all' Imperatrice.
Di quel che successe dopo Vetti non si ricordava molto, anzi nulla.
Si risvegliò in un appartamento, vestita con abiti molto eleganti e aveva un anello al dito strano. Si alzò, andò alla finestra e con un sospiro pensò che sarebbe stato fantastico essere un'oca selvatica; e in pochi secondi tutto ciò che restava di lei erano i bei vestiti. Nel cielo, in alto, un'oca si librava felice nell'aria.